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5 aprile 1973, compito in classe

Commentate la poesia “Specchio” di Salvatore Quasimodo 

 

 

Ed ecco sul tronco si rompono i bocci:

un verde più novo dell’erba

che il cuore riposa:

il ceppo pareva già morto,

piegato sul botro.

 

E tutto mi sa di miracolo.

E sono quell’acqua di nube

che oggi rispecchia nei fossi

più azzurro il suo pezzo di cielo,

quel verde che spacca la scorza

che pure stanotte non c’era.

          

  Gli uomini grandi, gli uomini liberi: i santi, i poeti, coloro che si consacrano all’arte, alla musica, all’uomo, a Dio, sentono la loro umanità irrimediabilmente coinvolta nel mistero dell’universo e ogni minimo moto della creazione strettamente legato alla sfera della propria anima. Essi conservano un cuore giovane perché sanno rinnovarlo, perché nel loro intimo riproducono, in una dimensione altissima e in una forma molto più splendida, il miracolo di ogni rinascita della natura.

   Il Quasimodo deve aver sperimentato, nel suo spirito, il rinnovamento: lo tradisce, forse, il titolo della lirica, Specchio, che lo rivela partecipe non solo con il sentimento, ma anche con la vita, al risveglio; lo conferma quel senso di stupore che traspare da ogni espressione.

   Nell’immagine del ceppo rivolto alla morte, che ora torna a segnare la vita nei boccioli schiusi, si avverte, infatti, il Poeta sospirare risollevato, quasi assaporando una nuova speranza in quel verde più “nuovo”, che dà riposo al cuore.

  Il Quasimodo ha saputo magistralmente immortalare, nella lirica, quel particolare e irripetibile momento in cui tutto l’universo pare proteso ad attendere la nuova vita, l’attimo in cui la morte dell’inverno non è neppure più un ricordo e lo splendore della primavera non è ancora una realtà. 

    È un istante: riempie, forse, lo spazio di una notte, poi la vita esplode e la frenesia dell’attesa si trasforma in meraviglia e incanto. Nel verso centrale, «e tutto mi sa di miracolo», c’è la piena commozione dell’uomo. Non si sente “miracolo” anche il Poeta? Non c’è, forse, in quel riverbero dell’azzurro nell’acqua dei fossi, la nostalgia di un cielo più limpido e tutto suo? E in quel verde che irrompe, improvviso, che lacera la corteccia, non è forse implicita la forte speranza di sopravvivere, l’ansia di vincere? Penso che non siano i vari sentimenti ad animare il Poeta, ma che tutto l’uomo si esprima attraverso la poesia.

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